11 giugno 2011

Referendum, verso il voto: Bersani 'vede' il quorum, Berlusconi non andrà alle urne

La campagna referendaria alle ultime battute fa scattare lo sprint finale per partiti e comitati promotori in vista della battaglia principale che resta il raggiungimento del quorum. Se il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha annunciato che non si recherà alle urne, passerà il fine settimana in Costa Smeralda, dopo la visita di oggi al nipotino a Paraggi, le massime cariche dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, hanno fatto sapere che a votare ci andranno. Il presidente della Camera Gianfranco Fini lo ha detto più volte, arrivando ad auspicare un voto per la "modernizzazione" del Paese. Il presidente del Senato Renato Schifani si recherà nel seggio della sua Palermo a depositare la scheda.

L'obiettivo del 50% dei voti più uno sembra a portata di mano, secondo il segretario del Partito democratico. Resterà a casa, invece, Umberto Bossi. Pier Luigi Bersani sceglie il 'Quorum party' di piazza del Popolo per dare la carica: "E' come scalare una montagna - afferma - ma il quorum è a portata di mano. Siamo lì lì per farcela. Andiamo tutti a votare e andiamoci domenica mattina per dare un segnale di ottimismo a tutti". Non sembra destare troppa preoccupazione l'incognita legata agli italiani all'estero. Il Pd dirama una nota in cui si ricorda una pronuncia della Consulta in base alla quale gli italiani all'estero non si computerebbero ai fini del quorum, nel senso che la loro mancata partecipazione non può invalidare il voto reso in patria. Dal fronte della maggioranza, si difende la libertà di non recarsi ai seggi e a chi accarezzasse il sogno della spallata all'esecutivo per via referedaria risponde il presidente dei deputati Pdl, Fabrizio Cicchitto: "E' destituito di fondamento il tentativo di dare un significato politico" alla consultazione, il cui esito, quale che sia, non avrà conseguenze sul "confronto politico in corso sul governo e sulla sua tenuta".
Ma di questo non si mostra per niente convinto Bersani, che non ha dubbi: "E' davvero disdicevole che chi giura sulla Costituzione, non senta il dovere di dare un messaggio di civismo e partecipazione. Tuttavia non sono stupito. Berlusconi è Berlusconi e sa benissimo che se c'è partecipazione lui esce di scena".
Il leader Idv, che è stato fra i promotori dei referendum, prova a mantenere la linea della non politicizzazione della contesa, anche per non allontanare gli elettori di centrodestra. "Non è uno scontro tra partiti" dice Antonio Di Pietro, anche se non rinuncia a criticare la scelta astensionista del Cavaliere: "Ha deliberatamente deciso - sottolinea - di non esercitare il diritto di esprimere la propria opinione. Chi si comporta in questo modo, evita di dire sì o no è una persona che non accetta la democrazia del popolo". A sinistra, il leader di Sel Nichi Vendola lancia il suo appello in favore di "quattro Sì per un'Italia migliore" e "per difendere le ragioni della vita, perché l'acqua è un bene comune, perché vogliamo cancellare il nucleare e perché la giustizia non può essere privatizzata. Non dobbiamo sciupare una occasione così preziosa come quella di domenica e lunedì", incalza il presidente della Regione Puglia.
Anche i Verdi sentono il risultato a portata di mano: "In queste ore - afferma il presidente Angelo Bonelli - sta accadendo qualcosa di straordinario nel Paese. Potremo contare su una valanga di sì ma bisogna centuplicare gli sforzi e portare amici e parenti a votare".
Nel Terzo polo, le posizioni sono differenziate ma tutte convintamente a favore della partecipazione. Per il leader centrista Pier Ferdinando Casini "il referendum è una prova di democrazia. E' meglio un voto sbagliato che un non voto" e per l'Udc la scelta è No sull'acqua e non indicazione per gli altri.
La linea ufficiale di Fli è quella dei due no sull'acqua e libertà di scelta su nucleare e legittimo impedimento, anche se i moderati come Adolfo Urso voteranno quattro No in coerenza con il lavoro svolto al tempo in cui i finiani erano in maggioranza. Sul versante opposto, esponenti movimentisti come Flavia Perina e Fabio Granata che hanno annunciato quattro Sì. Quanto ad Alleanza per l'Italia, il leader Francesco Rutelli ha detto che voterà due Sì (nucleare e legittimo impedimento) e due No (acqua).
Nella maggioranza, intanto, c'è chi comunque fa propaganda per l'astensione. Come la vice presidente dei deputati Pdl Isabella Bertolini: "Non andare a votare è tra le possibilità previste per il referendum, che piaccia o meno a Bersani. Affermare il contrario serve solo per mistificare le cose. Una specialità cara alla sinistra italiana". Il presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli sottolinea: "Votare è un diritto, non un dovere. Ciascuno, quindi, potrà decidere se recarsi alle urne o potrà esercitare il proprio diritto di non andare a votare per far mancare il quorum. Io resterò a casa". Si distingue il deputato Pdl Fabio Rampelli, che invece fa una campagna convinta in favore di tre Sì, su acqua e nucleare. Quanto alla Lega, Umberto Bossi ha fatto sapere che non andrà a votare, anche se qualche tempo fa aveva ammesso che il quesito sull'acqua era "allettante". E infatti nel Carroccio non mancano i casi di coscienza, come quello del neo sindaco di Varese Attilio Fontana, che ha annunciato un doppio sì al quesito sull'acqua.
Nel frattempo, il presidente del comitato per il No Walter Mazziti annuncia, in merito al referendum sui servizi pubblici locali: "Stiamo valutando se chiedere l'invalidazione del referendum perché la competizione potrebbe risultare viziata da una prospettazione erronea e falsa del quesito n.1 da parte dei mezzi di comunicazione". L'errore sarebbe stato quello di concentrare l'attenzione sull'acqua, anziché su tutti i servizi pubblici locali.