19 ottobre 2010

Il lodo Alfano sarà retroattivo, in Senato c'è anche il sì dei finiani Pd: vergogna, daremo battaglia

La commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato l'emendamento del presidente Carlo Vizzini al Lodo Alfano costituzionale relativo alla sospensione dei processi alle alte cariche anche per fatti precedenti l'assunzione della carica.
Il testo della proposta di modifica, approvata dalla maggioranza, recita: "Al di fuori dei casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi nei confronti del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio dei ministri, anche relativi a fatti antecedenti l'assunzione della carica, possono essere sospesi con deliberazione parlamentare secondo le disposizioni della presente legge costituzionale".
"Si è colmato un vuoto incomprensibile che era peraltro in contrasto con quanto prevedeva giustamente lo stesso lodo Alfano approvato in via ordinaria dal Parlamento", ha dichiarato Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia del Senato.

"Mi sembra che viaggiamo ai limiti dell'assurdo", commenta il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani aggiungendo: "E' assolutamente indecorso e vergognoso pensare di procedere ad assoluzioni per via parlamentare e costituzionale. Il Pd darà battaglia, faremo barriera con tutte le forze che abbiamo".
Bersani commenta anche il sostegno dei finiani al via libera: "Fli ha sempre detto che avrebbe votato il lodo Alfano, ma trovo che la cosa abbia un grosso deficit di coerenza". "Una norma del genere fatta nel bel mezzo di una vicenda processuale che riguarda una persona, è una legge ad personam. Evidentemente Fli non ha fatto questa valutazione e a me - sottolinea il segretario - sembra un elemento di incoerenza".
"Una vergogna" lo definisce anche il capogruppo del Pd, Dario Franceschini. "Non ci stupisce -aggiunge- la norma era fatta per quello. E' una vergogna, ora devono spiegare".
"Siamo al golpe. Gli interessi del premier sbrandellano la giustizia in Italia e cancellano l'uguaglianza davanti alla legge", afferma Alessandro Pignatiello, coordinatore della segreteria nazionale del Pdci il quale dice che questo emendamento è un atto di sopruso inaccettabile".
Il sì dei finiani al lodo Alfano "smaschera il finto ritorno alla legalità di Fli", secondo il leader di Idv Antonio Di Pietro. "Facciamo un ulteriore, estremo, appello al presidente Fini affinché dica ai suoi al Senato e poi alla Camera di non cedere a questo che oggi sembra un ricatto o una compravendita. Alla Camera vogliamo guardare in faccia uno per uno gli esponenti di Fli", aggiunge Di Pietro. "E' squallido non ciò che ha fatto la maggioranza berlusconiana ma - sottolinea - l'apprezzamento della maggioranza finiana, che a Mirabello aveva detto di non poter più seguire Berlusconi sui temi della moralità".
''E' un errore la retroattività ma non metteremo veti sul Lodo Alfano perché è necessario contribuire alla serenità istituzionale. Per questo motivo l'Udc al Senato si asterrà'', afferma all'ADNKRONOS il leader dell'Unione di centro, Pier Ferdinando Casini.
"Qui non si tratta di retroattività, ma di 'attualità' dei processi. Non si può far finta di non capire". All'ADNKRONOS il presidente dei senatori di Futuro e libertà per l'Italia, Pasquale Viespoli, rivendica la "coerenza" di Fli nel voto in commissione Affari costituzionali. "Noi lo abbiamo sempre detto, prima, durante e dopo Mirabello: se il processo è in corso per situazioni precedenti l'assunzione della carica, è chiaro - aggiunge - che il processo deve essere sospeso. Non annullato, ma sospeso. Stiamo parlando, ripeto, di processi già in corso. Inoltre, ci occupiamo di tutelare la funzione del presidente del Consiglio o del presidente della Repubblica, non la persona che ricopre la carica". Quanto alle opposizioni che parlano di incoerenza di Fli, Viespoli commenta: "Mi pare che il centrosinistra non riesca a distinguere tra la fase del conflitto politico e quella del confronto sull'assetto di sistema. Tra l'altro - conclude - ci riserviamo, al termine dell'iter in commissione, di verificare la necessità di proposte emendative da presentare in aula".
Si chiama fuori il Quirinale. "La presidenza della Repubblica resta sempre rigorosamente estranea alla discussione, nell'una e nell'altra Camera, di qualunque proposta di legge e di sue singole norme, specialmente ove si tratti di proposte di natura costituzionale o di iniziativa parlamentare". E' quanto si legge in una nota.