12 marzo 2010

Sentenza Cassazione: "Irregolari espulsi anche coi figli a scuola"

ROMA - Gli immigrati irregolari dovranno essere espulsi anche se i loro figli frequentano le scuole italiane. Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 5856, con la quale ha respinto il ricorso di un immigrato albanese, con moglie in attesa della cittadinanza italiana e due figli minori, che voleva l'autorizzazione a restare in Italia in nome del diritto del "sano sviluppo psicofisico" dei suoi bambini. Secondo il nuovo orientamento della suprema corte, l'esigenza di garantire la legalità delle frontiere prevale sul diritto allo studio dei minori. Secondo la Cassazione è consentito agli irregolari la permanenza in Italia per un periodo di tempo determinato solo in nome di "gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore se determinati da una situazione d'emergenza".
Non, quindi, per la normale frequenza scolastica dei bambini. Se così non fosse, motiva la Cassazione, le norme che consentano la permanenza per motivi d'emergenza anche a chi è immigrato non regolare finirebbero con il "legittimare l'inserimento di famiglie di stranieri strumentalizzando l'infanzia".
GELMINI: "GIUSTO, NON STRUMENTALIZZARE LA SCUOLA" - Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ritiene "giusta" la sentenza dei giudici della Cassazione sugli immigrati irregolari che vanno espulsi anche quando hanno figli a scuola. La scuola italiana, conferma il ministro, "è pronta ad accogliere i bambini in difficoltà e a supportarli in un percorso educativo che li prepari e li formi. Il nostro sistema d'istruzione ha sempre incluso e mai escluso e le colpe dei genitori non possono ricadere sui figli. Allo stesso modo, però, non si può giustificare chi utilizza i bambini e li strumentalizza per sanare situazioni di illegalità. La legge è chiara e va rispettata. Per questo i giudici hanno ragione quando affermano che 'si finirebbe col legittimare l'inserimento di famiglie di clandestini strumentalizzando l'infanzia'".
AMBROSINI (STATALE MILANO): "UN PASSO INDIETRO" - "Anche quando non vogliono fare sanatorie, i governi hanno attenzione per i casi individuali: mi sembra che questa sentenza rappresenti un passo indietro e anche una contraddizione con i paesi democratici". Maurizio Ambrosini, sociologo all'università Statale di Milano, commenta la sentenza della Cassazione sfavorevole a un papà albanese che aveva chiesto di rimanere in Italia per stare vicino ai propri figli che frequentano la scuola. "Fermo restando il dubbio sulle motivazioni della sentenza, di cui non ho avuto modo di leggere il testo, in base alle informazioni che ci sono posso dire che negli ordinamenti dei paesi democratici ci sono dei principi di flessibilità che consentono di dare il permesso di soggiorno a persone che sono sul territorio da anni e che hanno qui una famiglia, figli che vanno a scuola e che hanno attuato processi di integrazione sul territorio- prosegue Ambrosini-. Mi sembra che questa sentenza rappresenti un successo della retorica securitaria, perchè anche l'immigrato sul territorio da anni e che ha i figli che vanno a scuola qui è sempre sotto sorveglianza e sotto pregiudizio di pericolosità. Per cui quando vengono meno le ragioni economiche immediate del suo utilizzo lavorativo, diventa un soggetto da espellere, quale che sia la sua condizione familiare e sociale. E questo mi sembra un principio pericoloso, anche perche' in questo modo si aprono diversi scenari". Quali? "Primo, che lo straniero che rimane qui puo' essere deportato da un momento all'altro- continua Ambrosini-; secondo, che, se il padre che lavora se ne va, la famiglia diventa un onere per le casse dello Stato; terzo, il padre che non puo' guadagnare onestamente potrebbe pensare di guadagnarsi da vivere in altro modo; quarto, se la famiglia se ne andasse, verrebbe pregiudicato l'interesse prevalente dei minori all'istruzione". "La sentenza è deplorevole- conclude il sociologo-, mi addolora molto e va in controtendenza con il ruolo delle corti di giustizia di altri paesi di far avanzare la frontiera dei diritti nei confronti della pretesa degli Stati che, mai come ora, esercitano un potere di posizionamento e di mobilita' dei diritti individuali nei confronti degli immigrati. Cosi' com'e' la sentenza mi addolora e spero che si mobilitino le forze vive della società civile in difesa del diritto di vivere con la propria famiglia anche per i poveri e i disoccupati. Un diritto superiore e meritevole di tutela: dovrebbe infatti essere onere dello Stato dimostrare che l'immigrato rappresenta un pericolo per la sicurezza. Ricordiamoci poi che l'attuazione dell'espulsione è ben diversa dai decreti di espulsione, la cui efficacia è tutta da verificare".