7 marzo 2010

Lavoro senza donne, in Italia 10 milioni quelle 'inattive'

ROMA - In Italia sono nove milioni e 787 mila (dati Istat terzo trimestre 2009) le donne inattive, quelle cioè che non lavorano né cercano un'occupazione. La maggior parte si trova al Sud, dove sono superiori alla media anche le inattive che non hanno scelto la loro condizione, le cosiddette "involontarie".
Ma cosa spinge una donna a uscire dal mercato del lavoro? Nella maggior parte dei casi, oltre alla difficoltà di trovare un impiego soddisfacente, a determinare la situazione è il modello culturale di riferimento, supportato dalla situazione familiare. A far luce su questo fenomeno in costante crescita sul territorio nazionale la ricerca, in fase di pubblicazione, "L'inattività femminile in Italia: analisi dei fattori determinanti", promossa dall'Isfol e realizzata attraverso la somministrazione di un questionario con tecnica Cati a un campione di 6.000 donne nella fascia d'eta' 25-45 anni.
Obiettivo dell'indagine oltre a fotografare il crescente immobilismo lavorativo delle donne, anche trovare possibili soluzioni a un aspetto del mercato del lavoro che pone l'Italia in una posizione arretrata rispetto agli altri paesi dell'Unione europea. Nonostante la Strategia di Lisbona imponga ai paesi membri di elevare il tasso di occupazione delle 15-64enni al 60% entro il 2010, l'Italia, con un tasso del 46,6% è al di sotto della media europea (pari al 58,3%) e ben lontana da questo obiettivo. Il primo elemento significativo, che emerge dai dati della ricerca realizzata dall'Isfol è l'elevata variabilità dell'inattivita' femminile sul territorio, caratterizzata dal doppio binomio nord-lavoro/sud-inattivita'. Mentre le regioni del Nord presentano, infatti, livelli di occupazione prossimi a quelli comunitari, le aree del Mezzogiorno mostrano una stagnazione, di natura strutturale, della partecipazione femminile al mercato del lavoro. A incidere sulla situazione non solo fattori di natura economica ma anche le condizioni legate al tessuto sociale e al modello culturale di riferimento.