27 agosto 2009

Marino Santa Maria - arte pubblica ed interventi urbani


“L’arte modifica l’umore, c’è una necessità della gente di avere colore in città”. BUENOS AIRES – Se cerchiamo una definizione di arte d’indole più “pura”, possiamo definirla come una manifestazione della razza umana capace di esprimere e/o generare un sentimento in una terza persona usando risorse sonore, visive o plastiche.


Questa definizione è quella che più si adatta alla totalità dell’opera del maestro Marino Santa María. I murales che lui realizza sono il fedele riflesso dei sentimenti, di una ricerca di comunicazione ed espressione collettiva, che con il suo divenire dialettico conforma un’opera viva, un flusso di sentimenti e sentire che confluiscono al centro dell’anima umana.
E’ così che ogni persona che abbia il privilegio di essere davanti ad un’opera di questo geniale artista sicuramente sentirà qualcosa e non resterà mai vuoto e se si lascia avvolgere in questo gioco dialettico potrà andare ancor più a fondo nella parte più nobile della natura umana. L’arte smette qui di essere unidimensionale, come ha bene affermato Herbert Marcuse, nell’opera di Marino Santa María l’arte, o meglio detto, LA SUA ARTE smette di essere una rarità o un prodotto di consumo di massa senza contenuto per trasformarsi in un’espressione della collettività, riflettendo tutte le dimensioni del sociale.
Vediamo-sentiamo questa preziosa caratteristica nello spirito urbano che attraversa in maniera trasversale tutta la sua opera. Senza dubbio, Marino Santa María è un artista urbano che possiede una gran sensibilità ed una capacità tecnica invidiabile e se ci lasciamo trasportare dalla sua opera ci sentiremo identificati con la città, con il mondo urbano. Tuttavia, che tipo di mondo urbano ci rappresenta Marino? Sicuramente non è la città caotica, alienante, unidimensionale che subiamo quotidianamente, ma invece il suo è un sguardo nuovo, o per essere più esatti, un ritrovo con la vera essenza della nostra vita urbana. La realtà non è tutto ciò che si vede ogni giorno, la realtà qui è ritrovarsi con la natura innocente della nostra vita collettiva. E’ qui dove smettiamo di essere quell’homo duplex che ha caratterizzato con tutte le sue lettere Charles Baudelaire, per trasportarci all’innocenza del nostro vero essere.
Secondo le sue proprie dichiarazioni in un’intervista esclusiva al programma radio Italia Eterna, condotto da José Conde e Graciela Laino, in onda su Radio Argentina AM 570 ogni domenica dalle ore 12 alle 14, “l’arte urbana modifica l’umore della gente, dando colore alla quotidianità ed aumentando così il potenziale creativo, animando le persone a trovare ed avere la loro propria estetica”. “L’arte pubblica smette di essere qualcosa di intimo, ma invece costituisce un vero contributo sociale, modifica il livello di vita, trasforma il paesaggio, l’interesse per il luogo”, ha sentenziato l’artista.
Questa trasformazione della quotidianità è rimasta plasmata nei due murales dell’Ospedale Italiano, più precisamente nel Primo Piano Sottoterra dove funziona l’Ospedale Diurno della suddetta entità. L’estetica dell’opera, secondo le sue dichiarazioni, consiste nel vedere la salute e l’ospedale come il luogo dei sani.
Tuttavia se si vuole apprezzare la vera natura della sua arte, è imprescindibile conoscere l’opera del Progetto d’Arte Pubblica della Calle Lanín. Questo è un progetto che consta di 38 facciate realizzate con colore e mosaico veneziano, un’opera astratta che si è convertita in una vera icona di Barracas. Altro punto importante è la Calle Zelaya, all’Abasto dove ci sono i volti di Carlos Gardel, che prossimamente saranno recuperati in mosaico veneziano. Il concetto generale dell’opera è quello di trasformare lo spazio in un ambito di colore, dove i passanti che la percorrono si vedranno coinvolti arrivando a far parte della stessa.
Diceva José Ingenieros che per uscire dalla mediocrità, da quell’ontologia dell’essere che è propria degli uomini mediocri c’è bisogno dell’ispirazione e della ricerca delle nostre vere radici per iniziare un processo di cambiamento.
E’ in concordanza con quest’idea che: incitare, trasformare, coinvolgersi e ritrovarsi con la vera identità sono i principi estetici che propone l’arte di Marino Santa María. Un artista che ha il dono e la capacità di poter vedere ciò che il senso comune della gente non vede. Sembra una cosa ovvia, ma non è così, risulta difficile trovare in questa società liquida opere genuine e che con la loro onestà ci incitino a sentire, a vivere l’arte ed essere parte dell’opera, in sintesi: TRASCENDERE COME PERSONE.
Prof. dott. Leonardo Olivieri

Dati Personali
Marino Santa María è nato a Buenos Aires nel 1949, nel quartiere di Barracas ed è di origini napoletane. Ha svolto i suoi studi presso le scuole d’arte Manuel Belgrano e Prilidiano Pueyrredón, conseguendo i titoli di Maestro Nazionale di Attività Plastiche e Professore Nazionale di Pittura rispettivamente. Ha realizzato numerose mostre individuali e collettive in Argentina ed all’estero, ottenendo importanti distinzioni. Tra il 1992 ed il 1998 è stato Rettore della Scuola Nazionale delle Belle Arti “Prilidiano Pueyrredon” e dal 2005 è direttore dell’Atelier Integrale d’Arte Pubblica di Ituzaingó.
Da visitare, oltre alla Calle Lanín, c’è il museo.
MUSEO: risignifica il muro di mattoni albergando quest’intervento artistico che si compone di opere digitalizzate di artisti argentini contemporanei, che presenta contenute in cornici dorate con ornamenti. Le immagini scelte per il suo intervento urbano appartengono agli artisti: Carlos Alonso, Diana Ares, Miguel Bengochea, Carlos Cañás, Nicola Costantino, Juan Doffo, Ana Eckell, León Ferrari, Carlos Gorriarena, Nora Iniesta, Guillermo Kuitca, Andrés Labaké, Juan Lecuona, Jorge Macchi, Matilde Marín, Eduardo Médici, Marta Minujín, Luis Felipe Noé, Marcelo Pelissier, Pérez Celis, Diego Perrota, Duillo Pierri, Jorge Pietra, Eduardo Pla, Rogelio Polesello, Josefina Robirosa, Marino Santa María, Daniel Santoro, Pablo Siquier, Eduardo Stupía, Clorindo Testa, Luis Wells ed Horacio Zabala
www.marino-santamaria.com.ar.